Il Decreto crescita (articolo 12-septies D.L. 34/2019) prevede che dal 1° gennaio 2020 l’esportatore abituale, al fine di acquistare beni e servizi senza applicazione dell’Iva ai sensi dell’articolo 8, lett. c), D.P.R. 633/1972, non abbia più l’obbligo di consegnare la dichiarazione d’intento al fornitore, unitamente alla copia della ricevuta di trasmissione telematica.
È una “semplificazione” soltanto apparente perché lo stesso articolo prevede che:
- nelle fatture emesse o nelle dichiarazioni doganali devono essere indicati gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione di intento;
- sono soppressi alcuni adempimenti relativi all’emissione e al ricevimento delle dichiarazioni di intento (ad esempio, la numerazione progressiva e l’annotazione in apposito registro);
- sono inasprite le sanzioni in capo al fornitore che effettua operazioni in regime di non imponibilità Iva, senza aver prima riscontrato telematicamente l’avvenuta presentazione della dichiarazione di intento all’Agenzia: non è più applicabile la sanzione fissa (da 250 euro a 2.000 euro), bensì quella proporzionale dal 100% al 200% dell’imposta non applicata.
Le modalità operative per l’applicazione delle predette novità dovrebbero trovare attuazione in un apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, da adottarsi (ad oggi tale provvedimento non è ancora stato approvato) entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 34/2019.
In sintesi, dal 1° gennaio 2020:
- l’esportatore abituale sarà comunque tenuto a comunicare l’avvenuta presentazione della dichiarazione al proprio fornitore, seppur con mezzi informali, quali un messaggio email;
- il fornitore, per tutelare la propria posizione ed evitare sanzioni, potrà continuare a chiedere copia della dichiarazione d’intento, al fine di poter riscontrare adeguatamente la procedura prima di emettere la fattura senza applicazione dell’IVA.